sabato 14 gennaio 2012

ENTER THE VOID


di Gaspar Noé


è il 2001 di noè dopo una scorpacciata di cioran
è l'inland empire misto joyce di noè dopo un'indigestione di lsd
è irreversible immerso nella bacinella della metafisica, messo in abisso
è una messa per l'Abisso che siamo
è un distillato di boria come non se ne erano mai visti prima
è meraviglioso
è orribile
è bellissimo, è pessimo
è uno di quei rari casi in cui è il film a guardare te, e non viceversa
è un mandala
è una sinusoide
è un logaritmo neperiano impazzito
è una tragedia dal futuro
è un palindromo perfetto
è zen
è pura amniosi filmica
è a vostro rischio e pericolo
è irritante
è affascinante
è una porcheria.
è immenso.
è inafferrabile.
è ineffabile
è autoindulgente e sadico come mai lo è stato nessuno prima d'ora, e come probabilmente (e per fortuna) nessuno potrà più essere.
è, in tutti i sensi, un faccia a faccia con il vuoto, con la sua pienezza ed egemonia
è qualcosa che ti lascia là incerto se salutarlo come una delle più immense lezioni di cinema di questi ultimi anni o come una sfacciata ed empia presa per il culo
è qualcosa che farà incazzare i più, e manderà in visibilio tutti gli altri, e che non permetterà mai di capire da che parte stare

è cinema?
si
no
devo ancora capirlo
non so se è giusto capirlo e sono certo che la sua forza stia tutta qui


fate il vostro gioco.

enter



SIX SIX SIX THE NUMBER OF THE HUMAN CENTIPEDE 2 - FULL SEQUENCE


di Tom Six
con Lawrence Harvey, Ashlynn Yennie, Vivien Bridson, Bill Hutchens

Sick transit gloria mundi?

Credevate tutti che in fatto di shock value Spasojevic avesse urlato a 10000 decibel l'ultima parola? Eccovi serviti, per cui datevi una bella pettinata ai peli sullo stomaco, o voi che entrate

Diciamocelo subito, Six è uno furbo. Un astuto prankster che titilla la morbosità tutta borghese e adolescenziale del volgo con la storia che tutti sappiamo e con un film potenzialmente schiacciante (leggi: Human Centipede 1), la cui carica esplosiva resta inesplosa e appena intravista in un concept volutamente tradito da f/x aborracciati. Al contempo offre un oggetto strambo folle e grottesco sorretto da una scrittura di scena tutt'altro che da vomito e ingiurie, con geometrie, inquadrature e fotografia inusitate per il genere. Dieter Laser (uno che non vorresti mai incontrare in un vicolo buio e abbandonato mentre rientri a casa) ha fatto il resto.
Gli assetati di traumi insanabili e violenza insorreggibile non ci stanno, storcono la bocca. Si può dare di più.
Nel sequel Six fa il giocoliere con le aspettative del fandom, rovesciando e sparigliando grammatiche estetiche dinamiche retoriche umori. Preme a tavoletta sull'acceleratore (letteralmente, anche: si badi a cosa è capace di combinare con una donna incinta in un taxi), dà da bere agli assetati, ma affogandoli, e questi ci stanno meno di prima e storcono ancor di più la bocca. Oppure capita che il programmatico tao funzioni alla grande, per cui chi ha disprezzato il primo applaude il secondo e viceversa. Più raramente un'insiemistica visione li fa apprezzare ambedue, come se fossero testa e croce di una stessa moneta.

Veniamo alla ciccia del secondo ordigno: abbiamo un alienato senza speranza regredito o rimasto fermo alla fase anale che ci rimane malamente sotto con la visione di Human Centipede (e qui potete già tirare le vostre brave somme metaquelchevipare sulle derive di una fruizione sbagliata che porta a pericolosi processi plagiari ed emulativi), e decide di elevare al cubo le gesta del mad doctor del capostipite, incurante però dell'aspetto prettamente medico.







Attorno a lui una serie di prototipi che offrono il fianco al grottesco: una madre castrante, un padre assente che abusò di lui, la caricatura di un freud che vorrebbe sostituirsi al padre, un vicino neonazista che dà loro una discreta dose di legnate a ogni "abbassa la tua radio per favor". Ah, e c'è anche una scolopendra eletta ad animale domestico. Volto da coleottero, asma perenne, il mutacico Paviglianiti d'oltremanica dopo aver suggellato la visione masturbandosi col coadiuvante ausilio della carta vetrata, stende a colpi di cric e di pistola chiunque gli si para davanti. Meglio ancora, usa come specchietto per le allodole un falso casting per il sequel di Human centipede che avoca fan e attori del primo (aridaje di strafottenza/astuzia metatestuale) e come sopra, daje de cric e de pistola. Tutto il resto è conseguenza: radunato il propellente umano in un capannone abbandonato, il sogno si fa (trita)carne, che il nostro coronerà recidendo tendini, graffettando labia et genitalia e tutto il peggio che siete in grado di figurarvi. Al centipede umano non fare sapere quant'è buono il lassativo con le pere. A+B= C(acca).
E non finisce mica qui: a ciliegiar la torta accorre la vera mazzata finale (di cui i più sono rimasti orfani, siccome le sculacciate di Mamma Censura): non pago e non sazio, il nostro eroe stupra il centipede dopo essersi infiocchettato il pipino con doppia mandata di filo spinato (proprio un vizio, il suo). Oh yeah!





Ai talebani della ratio e della coerenza, ai detrattori che hanno minacciato di morte il regista, come agli sfegatati ultràs che gli hanno chiesto di partecipare a HC2 dichiarandosi addirittura disposti all'uso di vere feci (sic) è in dirittura d'arrivo dato tanto di benservito: quanto testimoniato fino al minuto 84 è un
in mente dei di Martin, un po' come -tanto per scomodare Buttgereit- quel che accade nel continuo rewind-fastforward mnemonico in Schramm.
Ed ecco puntuale e amplificata la pernacchia dell'artifex: "vi ho perculato tutti, belli e brutti. Chi si tira seghe davanti all'eccesso e chi mi vorrebbe morto e mi crede un maniaco sulla base di inquisitori e ottusi 2+2. Questo è solo un film, col quale ho infantilmente giocato a specchioriflesso divertendomi un mondo. Siete tutti Martin o sua madre, HC2 è solo un gioco!"

Tutto qui? Niente più di una paraculata che affonda le sue radici nel situazionismo spicciolo?

Vamos a ver.

Poche storie, Tom Six è uno bravo. Un astuto facitore di atmosfere catramose, sordide, umidicce, agghiaccianti, avallate da un suppurato b/n sublimemente fotografato e da un protagonista che pare deiettato da un girone dantesco o da un canto di Maldoror o dal giardino dei supplizi, un keatoniano ceffo che si carica tutta l'opera sul groppone con una mostruosa aderenza da fare impallidire il più intransigente Stanislawski.




Six ti costruisce bel bello un film con/sul nulla, sprofondandoti ad ogni frame sospinto nello straniamento ora ipnagogico ora ipnopompico. Il cinema si fa setticemica eidesis. E' questo quel che colpisce, più ancora dell'ade parametrica spadellata nell'ultima mezzora (che pure ti lascia esanime a interrogarti se dopo i vari interieur frontiers martyrs srpski darfur e compagnia torturepornante le avevamo davvero incassate tutte): la paranormale stranezza, l'indecidibilità dei toni, la perturbazione psichica ed emotiva del vivere un incubo lucido a occhi aperti. Il sentirsi impazzire come se Lynch coi suoi 5 minuti e il più scellerato Zeno entrassero in rotta di collisione. Come il più catabasico Castellucci totalmente fuori controllo dopo un Kargl di troppo (la mdp sempre adesa al protagonista, deve più di qualcosina a angst). Come un bad trip di Ciprì e Maresco dopo una scorpacciata di PCP.

Se la nullità dell'idea attorno alla quale il film bascula è direttamente proporzionale alla malattia mentale di chi l'ha concepita (in senso buono, ché un incontro ravvicinato con gli autori scongiura certe equazioni da agente della digos: il sagace Harvey oltre a mostrare una conoscenza del cinema e un'intelligenza fuori dal comune, ha un'aria dolcissima e ti viene voglia di sbaciucchiarlo; Six è affabilissimo, pacioso e costantemente incline al sorriso e allo scherzo), l'idea di cinema di Six basta sicuramente a sorreggerla fino alla fine, anche se è davvero un peccato che l'ipnoinducenza e il delirio allucinatorio dei primi sbalorditivi 50' cedano poi il passo alla tautologia dello choc, della fecalità e del vomito a buon mercato contro i quali è dura trovare una qualsivoglia chiave d'estraniamento.

A mio gusto, il film spiazza, disturba e fa sudar ghiaccioli più quando ravana nel grottesco spinto, nella psicotropia e nella psicotronia (i siparietti stralunatissimi con lo psicologo, con la madre, o col vicino di casa, tutti di eraserheadiana memoria), o quando si raggiungono climax di minaccia come quello nella scena col bambino di colore (che fa un bel paio con una sequenza consorella di Murder set pieces), creando un tempo parallelo in cui ti accorgi troppo tardi di essere immerso senz'altra via di uscita che quella di spegnere il lettore, che non quando sbraca nell'escalation ipersplatter e nel discesismo di vomito feci e plasma (che comunque una ferita bella profonda la lasciano), alla stupita e incredula faccia di Bazin.

E' evidente che per Six malati di mente e pubblico criticamente maturo si equivalgono, e qualunque cosa accadrà col conclusivo terzo capitolo (la butterà in burletta? spingerà l'idea su scala planetaria? creerà il nastro di Moebius? avremo un centipede di neonati? una miscellanea di vivi, morti, decomposti, bambini e animali?), da ora se non altro siam svezzati e pronti a qualsiasi peggio. O quasi: se è vero quanto fin d'ora proclamato ("il terzo farà sembrare disney il secondo"), c'è da preoccuparsi. Molto.

Tom Six si è messo nella stessa posizione di un Lynch dopo Inland empire, di Noè dopo Enter the void o di Spasojevic con Srpski: sarà interessante vedere se supererà se stesso o farà tre passi indietro con tanti auguri.


Il teaser del terzo, intanto, è già spremuto dal tubetto. Staremo a verificare se è vero, come da detto popolare, che alla terza si bastona.