mercoledì 15 aprile 2009

TERROR 2000 - Intensivstation Deutschland


Regia: Christoph Schlingensief
Con: Udo Kier, Margit Carstensen, Peter Kern, Susanne Bredehöft, Alfred Edel, Artur Albrecht, Kalle Mews


Schlingensief è proprio de fora, non c'è che dire: fa coesistere, convergere e compenetrare la pesante provocazione politica e religiosa con impennate splatter e parentesi scatologiche, la parodia più anarcoide e sguaiata con grottesche slapstick di sesso laido, e fa stare gomito a gomito frammentazione sociale e nazionale con quella narrativa (scordatevi coesione e rigore narrativo: siamo in piena dodecafonia filmica), sembra di vedere in un sol colpo Makavejev, Waters, Lewis, Kern&Zedd, Kaufman, Lynch, Meyers e i corti di Buttgereit, passando per il dada più arsenioso e la body art più virulenta.
Follia a 1000 megatoni: a voi scoprire se c'è del metodo.

NEROSUBIANCO


Regia: Tinto Brass Con: Anita Sanders, Terry Carter, Nino Segurini, Umberto Di Grazia, The Freedom (Bobby Harrison, Mike Lease, Ray Royer

Non fanno a tempo a scorrere i primi 24 fotogrammi che in pochi battiti convergono felicemente iconicità pop, icasticità pubblicitaria, allusione pornografica, sovraccarico citazionista, sovrapposizione burroughsiana, tentazione avanguardistica (con Richter e Duchamp in testa), taglio e umore espressionista, verve polemica, gag surreale, sberleffo autoironico e siparietto musicale. L'erotismo ne esce sacrificato, ma quanto perde in impatto erotico guadagna in carica eversiva. Un blob ante-litteram senza dio, stato, arte, parte, partito servi né padroni.
Darei un rene per riavere questo Brass.

MERCI LA VIE


Regia: Bernard Blier Con: Charlotte Gainsbourg, Anouk Grinberg, Michel Blanc, Jean Carmet, Annie Girardot, Jean-Louis Trintignant

In febbrile flagranza e fragranza di panvisibile e di pan-narrabile, Blier sfida tutte le leggi della narrazione e porta in trionfo l'eccentricità e l'anarchia organizzata con sussiego calviniano ed escheriano, fondendo in un unico calderone realtà e sogno, allucinazione e metacinema, (tra)passato e futuro remoti e anteriori, firmando un 8 e mezzo zulawskiano e immergendo gli scoppiati
frammenti narrativi che fingono di ricomporsi in uno spettro cromatico da far schiumare d'invidia un caleidoscopio.
Come ogni opera illuminata e rasente il capolavoro, per pochi ma non per troppi.

MEAN CREEK




Regia: Jacob Aaron Estes
Con: Rory Culkin, Ryan Kelley, Scott Mechlowicz, Trevor Morgan, Josh Peck, Carly Schroeder, Brandon Williams

Giochi proibiti per i ragazzi del fiume, in kinghiano ricordo di un'estate più fatale che fatata. Chi starà dalla loro parte, una volta adulti? Nemmeno loro stessi. L'infanzia è la prima esclusa dagli sconti dell'ineluttabilità e l'acqua, lungi dal purificare le coscienze, le insozza e le marca a vita.
Estes mostra, dimostra e non commenta l'assioma facendo l'equilibrista su un filo di rara grazia e delicatezza, che non scongiurano il massimo grado della combustione e della disperazione. Anzi, li accent(u)ano. Risultati -soprattutto attoriali: sentiremo parlare di Carly Schroeder- al bacio.

KEANE


Regia: Lodge Kerrigan
Con: Damian Lewis

Dopo l'impressionante e durissimo clean, shaven kerrigan ci riprova. Stessa monomania per una paternità mancata differita trasognata (forse addirittura fasulla), stesso protagonista disadattato e parecchio de fora -là uno schizofrenico turbato da iperacufeni, qua una vittima della paramnesia-, ma niente atmosfere marmoree e al contempo rarefatte e sospese e allucinate, e niente discesa nell'imo del protagonista tirandoci dentro per i capelli

Stavolta la camera è in spalla, il lavoro sovradeterminato sui suoni che caratterizzava clean shaven diventa qui addirittura assenza di colonna sonora, lo sguardo è più asettico, distaccato, quasi entomologico (si sente in tal senso la pesante mano di Soderbergh) e pur essendo il tutto di indubbio interesse e di indiscutibile forza, non tocca vertici né abissi capaci di scuotere, straziare e commuovere davvero

MATALO!

Regia: Cesare Canevari
Con: Corrado Pani, Lou Castel, Antonio Salinas, Claudia Gravy, Luis Davila, Anna Maria Noè, Miguel Del Castillo

Un'epigrafe memorabile, che fa ben sperare. Poi per l'incauto spettatore son dolori: Canevari scherza a fare il dadaista senza esserlo, prova a fare il regista senza avere il cinema nei cromosomi, fa convolare a nozze con noci e fichi western e autismo e irrita sapientemente cultori del western come del trash, dell'avanguardia come del cinema sperimentale e di genere.
In cattiva sostanza è tutto qui: quanto basta per lapidarlo con uova marce.

MALEDETTI VI AMERO'

Regia: Marco Tullio Giordana
Con: Flavio Bucci, David Riondino, Biagio Pelligra, Micaela Pignatelli, Alfredo Pea, Anna Miserocchi, Agnès Nobecourt

Alla ricerca dell'autocoscienza perduta sotto quintali di (anni di) piombo. La Cina è lontana, compagni e fasci si equivalgono, l'eroina di stato ne ammazza a plotoni, la DC si frega le manine e la lotta non continua più, naufragando nell'individualismo e nei compiaciuti piagnistei su com'era rossa la nostra valle salvata dai partigiani. Alle spalle le brucianti assenze di Moro e Pasolini a segnare il passo, davanti i germi del rampantismo che infetteranno gli 80. Grande la confusione, più vasta ancora la desolazione, e a un disincatato e sarcastico Bucci non resta che perdercisi. Disomogeneo come quegli anni, ma resta il Giordana più coraggioso e interessante di sempre.