giovedì 16 aprile 2009

NABOER


di Pål Sletaune
con Kristoffer Joner, Cecilie A. Mosli, Julia Schacht, Anna Bache-Wiig, Michael Nyqvist

Psychothriller norvegese al fulmicotone (appena 72') irradiato da raggi gamma polanskiani (L'inquilino, ma assai più Repulsion) frammisti a vaghe risonanze di Bound. Non arriva mai a sconvolgere, sorprendere o disturbare davvero (il puzzle è chiaro da subito e il finale intuibile dopo il primo quarto d'ora), ma a conturbare sì: lo si tiene caro soprattutto per una scena muy caliente usata per prendere abilmente all'amo lo spettatore. Confettino che dimostra quanto le idee - sebbene abusate e riciclate - abbiano la meglio sull'esiguità del budget. Merita di esser dissepolto.

ENCARNACAO DO DEMONIO



Marinis ci riprova. L'arzillo satanasso manda di nuovo orgogliosamente il delirio al potere, con risultati discontinui e traballanti. Gli acciacchi dei quasi 40 anni passati dalle ultime scorribande non mancano di dire la propria, ma complessivamente l'esito finale è simpatico, sebbene la visionarietà sia posticcia e ancorata a un fumetto horror anni 70 o a jodorowskismi tardoni, e il film niente più di un nostalgico patchwork dei vecchi trascorsi che si ricorda più per singole scene (micidiale il passaggio blattoideo) che nella sua totalità. Chi è digiuno della saga di Zé Do Caixao avrà comunque di che sbalordirsi e orripilarsi (...e avercene a plotoni, comunque, di luciferini vecchietti così).

AMOUR BRAQUE - AMORE BALORDO


Regia: Andrej Zulawski Con: Sophie Marceau,

Maitre a organiser da 1000 e una follia, Zulawski non si smentisce mai e regala un altro bastimento carico di delirio in cui tira un'aria beckettiana servita da dialoghi al limite dell'ermetismo e dell'elogio al non-sense, interpretazioni convulse e sovradeterminate che avrebbero inorgoglito Grotowski, Stanislawski e Meyerchold; situazioni da Cabaret Voltaire, riprese e montaggio da elettrochoc.
Cinema sfibrante, avulso alla logica, lontano millenni luce da ogni sospetto di ovvietà, estraneo alle analogie, orfano di tutto ciò che è reale e razionale, ossesso, posseduto da 1000 demoni, da prendere o lasciare. Il sottoscritto prende, e se lo tiene ben stretto.

DEATH FILE


Nell'era in cui i teenagers crescono a pane ed estremo e hanno di che sollazzarsi con rotten et consimilia ci si sente anacronistici a dover disseppellire/censire questa ctonia serie jap che fa il verso a mondo cane, aggiornandolo ai randagi tempi nostrani.
L'ingorda videocamera non si fa mancare niente: e via con la solita traumatica guernica di cadaveri smembrati e mutilati in tutte le salse e minestre, incidenti, suicidi, cani uccisi a bastonate e cucinati, feti clandestinamente abortiti, autopsie, neonati deformi, tratta dei minori, siparietti d'urocoprofagia e via orripilando.
Il tanatomane è servito, il cinefilo un po' meno.

DER SIEBENTE KONTINENT

Regia: Michael Haneke
Con: Birgit Doll, Dieter Berner, Leni Tanzer, Udo Samel, Silvia Fenz, Robert Dietl, Elisabeth Rath, Georges Kern


Infero satori di una famiglia borghese, ovattata da impeccabile asetticità e mille segnali e sintomi (una quasi impercettibile dissolvenza incrociata tra borghesia e hitlerjugend) della drastica purificazione che verrà.
Ad Haneke l'incubo della facciata familistica non va punto giù, e quando si tratta di fare ferina tabula rasa delle sue stratificate patine e false certezze, la freddezza di intenti è tutto, e si resta assiderati ma anche storditi da una felice ambiguità non sanabile.
Capolavoro d'odio secco, che farà molto male ai vessilliferi dello status quo.

IKI JIGOKU - LIVING HELL


Regia: Shugo Fujii Con: Hirohito Honda, Yoshiko Shiraishi, Rumi, Kazuo Yashiro, Shugo Fujii

Non ce n'è: da sempre e per sempre la famiglia ce l'ha nel retrobottega, ne uccide più della motosega ed è una patina che occulta la barbarie. Lo riprova questo venefico e scalmanato horror a tinte fortissime e atmosfere al curaro, in cui la follia viene fatta sovrana e la violenza siede alla destra del padre (ma anche il resto del parentado scherza pochino).
Risultato: paura, paura, paura.
Disponete le manine a coppa sotto il culetto, perché ne farete davvero tantissima.
Un film da infarto. And I mean it.

A BLOODY ARIA


Regia: Won Shin-Yeon Con: Ye-ryeon Cha, Suk-kyu Han, Kyeong-ho Jeong

Radioactivity is in the air for you and me: l'inesorabile banalità e cecità del male è concentrica, centrifuga, radioattiva, indiscriminata e inquina contagia insozza disumanizza assai più le vittime dei carnefici fino a rendere ambo le parti magma indistinto di nequizia e secca brutalità in questo coreano cuginetto di secondo grado di Kichiku, sbalorditivo saggio sul crimine quale arte senza teoretica (e grandiosa lezione di cinema dalla quale tutti avrebbero qualcosina da imparare), per il quale una certa Hannah Arendt avrebbe fatto salti alti così.
Raccomandatissimo, ma proprio issimo issimo.