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TOKYO GORE POLICE
di Yoshihiro Nishimura
Follia elevata a costellazione e apologia dell'iperbole in questo genialoide delirio supersplatter che fa del survoltare un diktat e che compendia e coniuga tentazioni cronemberghiane di nova carnalia con lo scalmanato trascendere degno del più smisurato Miike, i riverberi del primo Tsuka e del Verhoeven fantascientifico (robocop e starship troopers gli spiriti guida) , ammiccamenti a The suicide club e linguaggio/fantasia del cartoon e del fumetto. Il tutto con uno spregiudicato senso della visionarietà che avrebbe fatto defluire il sangue a Dalì e Bosch, e lungi dal prendersi sul serio mortalmente sul serio (come fece un matrix, per intendersi) e anzi rastrellando rifiltrando e rimasticando in maniera consapevolmente baracconesca, caciarona, fracassona anarcoide ed epidermica eredità d'oriente come d'occidente: ne viene fuori un amalgama spassosissimo, strabiliante per chi certo cinema non lo conosce come le proprie tasche, di ampia godibilità per chi lo conosce bene, probabilmente irritante per chi lo conosce fin troppo.
Un imperdibile giocattolone post-postmoderno di quasi due ore fantasmagoriche e deliranti come pochissime a base di 1000 e una follia al minuto, urlate al megafono in tutto, nella lisergica fotografia ultrapop come nell'allucinato e demenziale umorismo nero.
Sirene-coccodrillo, bazooka spara-pugni, emorragie-geyser che fanno diventare razzi propulsori i moncherini e volanti i corpi, peni lanciarazzi, donne-sedia e miriadi d'altre inimmaginabili situazioni/soluzioni figurative. Questo sì che è un regista che, aggiustando un po' il tiro tecnicistico e stilistico, potrebbe permettersi di avere a che fare con l'immaginario di Barker, mica le pizzette noci e fichi di quel fetente di Kitammuort.
I più impenitenti otaku si preparino a fare 10 ole al minuto.
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