Regia: Thierry Zéno
Con: Dominique Garny
Con: Dominique Garny
Mentecatto tenta di incappucciare piccioni con teste di barbie. Non ci riesce. Tenta di inchiappettarsi la scrofa. Non ci riesce. Frustrato, le impicca i cuccioli. Non contento, dopo un the col fango (quando si dice fare di necessità virtù) ed essersi sbafato un manicaretto a base di escrementi (senza ausilio alcuno di f/x, beninteso: buongustaio!), impicca anche la scrofa.
Siamo km sotto i minimi storici di tutto: del cinema, del non-cinema, della provocazione, dell'intelligenza, dell'art-house, dell'allegoria, della metafora, della semiotica, finanche della presunzione autoriale. Impossibile per chi fruisce prendere posizione: ridere per non piangere? Sentirsi oltraggiato? Sforzarsi di trovare anche solo per finta un significante che sia uno? Tempo perso e sforzo vano in ogni caso: Zeno ci cogliona tutti convinto che basti schiaffare Monteverdi e un po' di ronzii proto-industrial per trasformare una scatologica porcata in ieratico capolavoro di prosa filmica degenerata o di chissà quale spaccato d'antropologia venato di misticismo misto alienazione (riusciranno nell'intento, con ben altri esiti e spessori, Ciprì e Maresco: tutt'altra galassia, inutile puntualizzarlo).
Il sottoscritto non capisce e non si adegua, ma soprattutto non ci casca, e gli riserva un bel braccio a 90, e dopo l'ultimo fotogramma stappa lo champagne. E brinda in compagnia di quei festival australiani e neozelandesi (due lande generalmente refrattarie alla censura) che l'hanno bandito a più riprese tra il 74 e il 77 (è peraltro un raro caso di ostracismo in sedi festivaliere, zone di default franche e aperte a tutto): perché si chiamerà anche Zeno, ma di coscienza ne ha pochina. Per tacere dell'etica e della perizia filmica.
Farà curiosamente di meglio con il misconosciuto -anche tra i massimi cultori del mondo-movie- Des Morts
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