di Gianni Proia
Proprio quando ci si convince di averle viste tutte dopo le incette polselliane e dagostiniane (per tacere delle mondoboiazzate caserecce dello Zio Tolo), ecco che in termini di cose buone dal mondo arriva l'ineffabile Proia (genio incompreso, datemi retta!) a farci cucù dando un rinnovato e forse insuperabile senso all'Inclassificabile e al farneticante e a far diventare interscambiabili ed equipollenti estremi del giudizio quali 'capolavoro' e 'vaccata'.
Il mondo abdica a sé stesso, per essere qui sfacciatissimo viatico di non-cinema in sguaiata libertà e in déshabillé, che ascende in virtù di forze discendenti: spot che avranno fatto l'invidia dei peggiori Squallor, pin-up usate per il salto della corda, una commissione censoria sul cui tavolo si consuma un amplesso, un simposio sulla fame del mondo discusso ingozzandosi di dolci, un meta-telegiornale e un intervallo che non spoilero, sandro ghiani nudo che insegue una pulzella nei boschi, un blob ante litteram con culi e noti volti dell'allora nostrana classe dirigente in dissolvenza incrociata (noblesse oblige...che avrà detto il Faenza del pluricensurato forza italia?), e un commento fuori dai coppi che mi ha fatto sputare la macedonia sullo schermo per le risate. Insomma, raro esempio di monnezza totale che rasenta il sublime, da inseguire con un sacchetto di ganja accanto
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