venerdì 17 aprile 2009

L'ABUSO TOTALE DI PETER SOTOS


"Al giorno d'oggi, se vuoi farti ascoltare, non è più sufficiente battere educatamente sulla spalla del vicino: lo devi colpire con un maglio" (John Doe)

"Senza il Crimine che risveglia in noi una folla di sentimenti intorpiditi e di passioni quasi spente noi resteremmo più a lungo nel disordine, ossia nell'atonia" (M. Foucault)

Scisma planetario: di qua coloro pienamente consci di essere fondamentalmente -e felicemente- sadici, e vogliosi di esserne conseguenti sul fronte azionista, araldi e forieri di sogni passioni pulsioni brame aggressive e algolagniche.
Di là coloro che lo sono, e spaventati e/o inorriditi di tale status, fingono/s'illudono di non esserlo, cercando riparo dietro lo scudo dei freni etico-morali endogeni ed esogeni.
In mezzo gli sbruffoncelli che scherzano ad interpretare il ruolo di satanasso all'ultimo grido, di outsider più perverso e scalmanato e mefistofelico del sistema solare, salvo poi scoprire che malgrado la loro araldica ideologica (...idealistica?) son buoni come o più del pane e mammà li aspetta a casa per cena.

Questo pericoloso -nel senso più alto e ampio del termine- libro, stilato con pece, tritolo ed ossido arsenioso, funge da sperone per tutti e tre: i primi verranno appagati, per non dire deliziati, da un degno riscontro del proprio appetito tanatofilo, delle proprie smanie pansessuali, delle proprie esasperate chimere di crudeltà indiscriminata e di ciò che le muove (istinti primitivi? innocenza da infante?).
I secondi scopriranno perché di questi tempi s'è forsennatamente idolatrata -e si continua a totemizzare edulcorare incensare così ardentemente la figura dell'omicida in serie, e cioè perché ben esemplifica ciò che tutti noi, almeno una tantum nella vita, vorremmo eseguire: sopprimere l'altro. Un'autorità cristologica, la si direbbe, l'ologramma vivente delle nostre represse pulsioni distruttive (dite il vero, prima d'insorgere scandalizzati: se potessimo farci fuori telepaticamente, quanti di noi beneficerebbero di un'ipotesi di sopravvivenza? A domanda retorica, silenzio pressoché tombale...).
I terzi, colti in flagranza di pudore vilipeso, apprenderanno finalmente la loro triste natura di patetici farfalloni, altrimenti detti poseurs, e se ne faranno -si spera- una ragione.

Perché laddove fregnacciari psicosociologi e massme(r)dia tendono ad accalappiare il Fenomeno al fine di poterlo rendere canalizzabile riconoscibile etichettabile ridimensionabile e profanabile nei suoi punti più inaccessibili inattaccabili inesplicabili initerabili eterei e finire col trasformare una Creazione in sterile prodotto seriale privo di spirito nervi cuore designabile a effimere ramificazioni modaiole (si pensi all'industrial, a piercing e tatuaggi, all'e(ste)tica S/M, alle forme più estreme di body e danger art, a molte esperienze cinematografiche e teatrali non riconciliate, e a tante altre cosucce passate tristemente dal sottobosco più arduo a scandagliarsi ai più beceri discount sotto casa nostra), il luciferino fuck-totum e fuck-totem di questo spinoso volume capovolge la prospettiva e dirotta i punti di fuga; ben si guarda, insomma, dal convertire la radioattività in puro ossigeno. Ne centuplica, anzi, il tasso di mortalità.
Ebbro di un disprezzo e di una febbre iconoclasta, di una prepotenza nichilista e di un impulso pantoclasta e rabbioso nei confronti dell'umanità che ha pochissimi pari, nonché di un invidiabile acume critico associato ad una spietata severità draconiana, Peter Sotos sostiene ed elogia con fierezza tutto ciò che, dal micro al macro, contribuisce all'estinzione dell'umanifero, esaltandolo con accenti tronfi e tonalità linguistico-retoriche stroboscopiche e un elevatissimo ed abbacinante senso dell'apodittica, con un'enfasi che ora sfiora ora travalica l'apologia, facendosi beffa di chi è con lui e ignorando chi è contro di lui, prendendo a sonori ceffoni chi si atteggia ad essere come lui tanto per conferirsi un'aura mitologica e un'autorevole nomea di psicopatico D.O.C., e trovando sempre e comunque l'occasione di rivendicare il proprio febbricitante gusto per l'energetismo della Violenza. Sotos si rivela una geniale monade devotamente genuflessa alla regia sovranità del negativo, un talento al servizio di sua maestà il Male, infischiandosi di qualsivoglia sovradeterminazione esorcistica e catartici salvataggi in calcio d'angolo, e senza ricorrere vigliaccamente a paraventi satirici (valenze d'accatto che da sempre falsificano vituperano soffocano intensità, estremismo e radicalità. E' una mera questione di (consapevolezza del) Gusto, e di voglia di appagarlo, e di spasso nel soddisfarlo.

Total Abuse è una virulenta, viscerale, monolitica bibbia del sadismo, una febbrile evangelizzazione della più inimmaginabile brutalità, nonché un arguto trattato pornologico di tutto rispetto. Il primo, nientemeno: mai l'universo della pornografia aveva conosciuto finora simile decostruzione, mai era stato così abilmente profondamente apocalitticamente smontato come un giocattolo per scoprire squadernare irridere cosa ne olia i meccanismi, mai radiografato e vivisezionato in maniera così competente chirurgica esaustiva, e con un piglio così spiccatamente lucido/ludico/lubrico.
Questo è un uppercut che frantumerà le vostre delicate -e sempre vulnerabili, checché ne blateriate- mandibole del pudore. E sarà una frattura di difficilissima risanazione: avventurarsi in questo ring e incassare per c(r)edere.

Fin dalle note sul retrocopertina (tra le quali un'arringa agiografica e difensiva a firma di Steve Albini) i patti sono traslucidi: "questo libro contiene materiale estremamente sgradevole descritto con fiscale precisione grafica. Sarebbe un editto d'humour nero avvertirvi che il presente compendio non è adatto agli schizzinosi (...). I seguaci del blando e moralistico true-crime e gli scafati collezionisti di horror fiction non troveranno di che soddisfare i propri gusti, qui...". Intesi?
Come dire: si diano alla macchia i deboli di cuore, di stomaco, di nervi, di spirito, i pacifisti tutti d'un pezzo, le pseudofemministe, i bacchettoni a oltranza, i poseur e -su tutti- i minori di anni 18 (e lasci perdere, aggiungerei, chi dell'inglese e dello slang americano ha una conoscenza pressoché rudimentale). Ripeto: intesi?!?
Proclamati i dovuti 'altolà!', un po' di doveroso iniziatico background per i vergini. Peter Sotos fu il primo fanzinaro a farsi avanti, nel lontano 1985, con una rivista amatoriale di true-crime. Fu anche il primo ad essere sorvegliato dall'FBI e conseguentemente messo in gattabuia per ciò che scriveva. Meglio dire: per come lo scriveva.
Oltre ad offrirsi alla sua cortigianeria/partigianeria come uno sfegatato ultrà dei criminali di cui disquisisce, Sotos calamitò e inorridì le calamità per via di alcuni sordidi collages da lui architettati, elementari ma efficaci in termini d'impatto: dissolvenze incrociate tra peni in eiaculazione e volti di bambini/e violantati/e e uccisi/e dal bruto di turno.
Gli agenti federali, persuasi di avere a che fare con un pericoloso boss del marketing pedopornografico, lo arrestarono dopo nove mesi di pedinamenti e di pressante sorveglianza postale e telefonica. Al momento della perquisizione che gli valse l'arresto, furono confiscati tutti i numeri di Pure -questo il nome della zine- e un numero di Incest, un magazine contenente foto di violenza sessuale ai minori. Quest'ultimo fu la ciliegia sulla torta: Sotos è stato il primo essere umano ad essere processato e condannato per possesso di materiale pornografico ritenuto ex abrupto illecito.
Il nostro venne quasi immediatamente rilasciato, in quanto semplice grafomane ossessionato da gusti un po' pesanti. Non vi furono indizi né prove di omicidio, stupro o business della pornografia minorile a suo carico.
Così prenderà le sue difese l'apocalittico Adam Parfrey: "E' evidente che Sotos sta per essere processato non per il suo interesse per la violenza, ma per un'adulazione di quella al di fuori del livello di sicurezza standard dei mass media per la violenza pornografica nei fumetti, pellicole di azione e racconti del crimine. Il normale consumatore di violenza è, naturalmente, consacrato dagli interventi moralizzanti sul 'crimine che non paga' o dall'aureola santificatrice dei criminali sponsorizzati dallo Stato. Sotos, celebrando gli outsiders psicotici, rappresenta tutto ciò che è più inquietante e incontrollabile per le bande che mantengono lo status quo".

Questo tomo, tripartito, ha la forza schiacciante di un mezzo cingolato fin dalle righe introduttive ad opera di Jim 'Answer Me!' Goad (altro galantuomo di cui narrerò magari prossimamente), ideatore curatore editore del volume. Malgrado la materia trattata sia disturbante, inaccettabile, ripugnante oltre i livelli di guardia, il pathos, l'ethos e il ruthmos della scrittura sono tutt'altro che banali, grossolani o volgari (casomai il difetto di questo volume è di essere un tantino tautologico: agli interessati consiglio una lettura in gocce, centellinata).

Passiamo all'endoscopia dell'opera.
Come su scritto, apre le danze una ficcante nonché agiografica introduzione di Goad, che si sdilinquirà poi insieme a Sotos in una lunga, interessantissima ancorché spassosa intervista dove insieme, galvanizzandosi vicendevolmente, mettono al tappeto tutto e tutti con disinvolta cattiveria (ma sarebbe più corretto cominciare a chiamarla schiettezza) e corrosiva ironia.
Nessuno si salva dal loro furore: non i poliziotti e gli psichiatri che si occuparono del suo caso, rivelatisi più perversi e pericolosi dell'interessato, né i giornalisti e i vicini che l'hanno volgarmente e sbrigativamente demonizzato (irresistibile, a tal proposito, la seguente dichiarazione: "Pare esserci un grosso problema con l'intera nozione di oscenità... E' gente che pensa che Schwartzenegger è un grande attore e Norman Rockwell un eccelso pittore, e il Reader's Digest un magazine eccezionale, e vengono arruolati come gli arbitri dell'arte e della cultura. Se tutto si arenasse al loro pessimo gusto, niente da eccepire. Ma queste persone sono in una posizione che consente loro pericolosi giudizi sul tuo conto, e il bello è che tu hai trascorso l'intera tua vita evitando questa marmaglia..."); anche i genitori fanno scheletrica figura, al pari di sette sataniche e neonaziste ("...noiose, per dire il minimo. E' gentucola che non ha proprio niente d'interessante da offrire") e di impudenti fans che osano importunarlo con "stronzate tipo Crowley, Manson o il piercing".
Conclusa la chiacchierata, inizia il vuoto d'aria che vi farà precipitar nell'Ade, la caduta nel carrolliano pozzo. Nessun girone vi sarà risparmiato. Che la vertigine sia con voi. Lasciate ogni speranza, se proprio volete entrare.

Pure. Questa prima parte raccoglie quasi integralmente il pestilenziale lavoro del piccolo scrivano chicagoese (il 'quasi' sta per i suddetti collages, qui autocensurati per motivi, credo, di astuzia sociale), compresi i numeri della zine confiscati allo scattar delle manette, mai editi e qui presentati in esclusiva mondiale per voi.
Sotos ama glorifica venera onora rende grazie agli artefici della crudeltà (stakanovisti dello stupro, infanticidi e gerarchi nazisti in primis), con un trasporto massimale indulgente compiaciuto gioioso giocoso estroso, e non si accontenta di tifare per i criminali in rassegna; per quadrare il cerchio, eccolo infierire sui volti contratti di dolore e rigati di lacrime dei familiari delle vittime, godendo e speculando a più non posso su ogni smorfia, lacrima, moto di strazio, frase di circostanza, disperato appello ai rapitori.
Tra le sue primizie del cuore, riserva privilegiati posti al sole a Ian Brady & Myra Hindley, Peter Sutcliff, Bianchi & Buono; fin dai primi paragrafi emerge un sehensucht sadico rovente tellurico incontenibile incontentabile, che avrebbe messo in ginocchio il più invasato Divin Marchese (col quale condivide l'esperienza della galera per via della valenza criminale della scrittura) e procurato fior di pallori al più scatenato Octave Mirbeau -non saprei davvero dirvi se più per invidia o per ritrovato senso del pudore... -.
Pure arriva addosso con l'inesorabilità di un'onda d'urto, e sfido chiunque a continuare ad interpretare il mondo con gli stessi occhi dopo averlo letto.

La parte centrale, Tool, è una palestra di narrativa psycho-sexualis (Sotos si orienterà in seguito in tal senso, dando corpo ai romanzi Index, Tick, Lazy, Special, meno ispirati di questi suoi a tutt'oggi insuperati e insuperabili esordi, ma comunque micidiali), il primo capitolo della quale causò seri grattacapi legali alla già citata Answer Me!. Ivi Peter sproloquia beffardo e ultracattivo sul suo arresto; sull'abuso dei minori e il sistema legale; sulle spogliarelliste dei peep-show; sui massacri ai danni dei marchettari; su ogni genere di disfunzione sessuale; e per chiudere da gran signore s'improvvisa persino pedostupratore con risultati mimetici sbalorditivi, quindi impalca uno scambio epistolare coi genitori di Lesley Ann Warren, la piccola stuprata, seviziata e strangolata dalla coppia Brady/Hyndley. La lettera aperta viaggia su un sottile tono di sfottò che repentinamente impenna in mareggiate di quello che potremmo eufemisticamente definire spietato sarcasmo.

L'esplorazione del comune senso del livore e di un livore fuori dal comune trova modo di detonare ulteriormente in Parasite, terza conclusiva parte della saga, che raccoglie 20 newsletters di categorica, vessatoria, intransigente, irriducibile critica musicale, letteraria, cinematografica. Di pellicole, pentagrammi e manoscritti aventi per tema il suo argomento preferito, l'autore salva molto poco: i suoi oscar vanno a Gitta Sereny e agli Whitehouse, dei quali è fan N°1 e coi quali si è più volte ritrovato a collaborare...
Sulla gragnola di considerazioni riguardanti industrial e death-metal, fanzines di true-crime, pornografia estrema, rispettabilità di alcuni film e libri sui serial killer, ne troverete di ogni colore e sfumatura. Vi piaccia o no il contenuto, dovrete ammettere che raramente vi potrà ricapitare un critico altrettanto salace e sagace.

Per la veemente brutalità verbale, per il suo trasformare il linguaggio in fist-fuck bazooka acido muriatico caterpillar ordigno termonucleare, per l'encomiabile coraggio (egli passa col rosso assumendosi però le responsabilità dell'incidente), per l'implicita sintesi di fondo che anima e surriscalda queste 244 pagine ("il mondo è un'enorme biglia di sterco; all'insettume che vi zampetta sopra, due le possibilità: coprofagi o netturbini". Mio il proclama, da Sotos amplificato corroborato squadernato a dovere), per il disinvolto ossequio al cupio dissolvi e alla tabula rasa, mi sento -a costo di essere bersagliato dai più coloriti e offensivi improperi e di essere penalizzato dal 99% dei lettori- di appoggiarlo e -oooops!- assolverlo: in tempi così proclivi alla spiritualità ritrovata e al pacifismo coatto, così sospetti e stomachevoli, in cui si segue con chissà quanta convinzione l'Angelo, la Fata, la Divinità, il Miele e lo Zucchero Filato, questo estenuante ricettacolo di casus belli, eroismo erostratico e umor d'atomica suona come un capolavoro.
Acquistatelo, acquisitelo, prima che vada fuori catalogo.

O nuovamente e definitivamente fuori legge.

(1997)

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